L’antefatto
L’ antefatto
Dopo l’avvio del corso di counselling a San Vito al Tagliamento, il 1° Dicembre scorso sono iniziate le lezioni presso la sede della Scuola di Counselling di Torino.
Come sempre è accaduto in questi vent’anni di attività della Scuola, gli iscritti al corso provengono da ambiti professionali molto diversi, seppure accumunati dalla caratteristica di comprendere momenti in cui si tratta di gestire forme di relazione d’aiuto.
Come noto, l’elemento che conferisce specifica identità professionale al counselling sta nel fatto che il counsellor sviluppa l’intervento d’aiuto ponendosi sullo stesso piano del “cliente”, lavorando esclusivamente sulle sue competenze; aiutandolo – cioè – a focalizzarle, ad attualizzarle e ad indirizzarle in modo funzionale alla soluzione di un problema.
La nostra scuola soddisfa tali presupposti concependo il lavoro del counsellor e del cliente come se si trattasse di due coautori di una sceneggiatura che – insieme – costruiscono una storia dove il protagonista, prendendo le mosse da una situazione iniziale critica, che coincide con quella descritta dal cliente, attraverso opportune azioni, riesce a ad approdare ad una meta narrativa felice, o comunque meno infelice, di quella di partenza; una situazione dove il problema posto è stato risolto.
Ora, nella nostra prospettiva, il lavoro comincia con un prologo nel quale viene descritta la situazione di partenza e si chiude con l’epilogo che sancisce la fine della sceneggiatura. Come sappiamo il cliente avrà anche l’opportunità di sperimentarsi come attore, interpretando il ruolo del protagonista.
Ma a che scopo ho proposto questa breve digressione nel territorio del metodo drammaturgico prendendo le mosse dall’avvio dei corsi?
E’ presto spiegato. Dicevo che le nostre classi sono composte da persone che, nella maggioranza dei casi, svolgono già attività professionali anche molto diverse tra loro; è, quindi, importante che ci interroghiamo in che modo questa variabile contribuisce a definire il nostro modo di insegnare e di strutturare la didattica.
Su questo punto un importante contributo ci viene proposto dalla psicoanalista Rita Fioravanzo che ha formulato la nozione di antefatto. Secondo Fioravanzo, in alcuni casi, il lavoro di costruzione della narrazione deve essere preceduto da un lavoro sull’antefatto, e cioè su una condizione strutturale del contesto in cui si inserisce la narrazione che, in alcuni casi, deve essere elaborata per rendere possibile il vero e proprio intervento di counselling. Per esempio, il lavoro che Fioravanzo svolge con le persone che hanno subito traumi potrebbe comportare un lavoro preliminare per l’elaborazione del lutto legato ad una menomazione fisica. Questo tipo di intervento, naturalmente, ha una matrice psicoterapica e precede l’azione del counsellor.
Il concetto di antefatto può essere esteso a tutte le condizioni strutturali, di contesto o soggettive, che il counsellor pone come postulato condiviso con il cliente e che, invece, nel corso del lavoro, può rivelarsi inattendibile.
Come abbiamo visto, il counsellor che lavora sul trauma potrebbe dare, per esempio, erroneamente, per accettata dal cliente la menomazione fisica subita.
Il manager che svolge interventi di counselling verso i suoi collaboratori potrebbe dare per scontato che essi accettino la condizione di dipendenza gerarchica nei suoi confronti.
Il medico e l’infermiere potrebbero considerare come postulato del loro intervento l’orientamento del malato verso la guarigione.
Nel lavoro con le coppie il counsellor può ritenere che i partner escludano la violenza fisica come modalità legittima di interazione.
Come si può rilevare, l’antefatto rappresenta una componente del lavoro drammaturgico strettamente correlato all’ambito operativo del professionista. Esso, spesso, rivela la sua opacità quando il processo narrativo è già stato avviato. In questo caso è necessario sospendere il lavoro, trasparentizzare l’antefatto, e verificare se il lavoro comune può essere proficuamente ripreso.
Naturalmente, solo talvolta l’antefatto si manifesta come un elemento d’ostacolo al lavoro del counsellor. Nella maggioranza dei casi esso rappresenta un elemento strutturante, non esplicitato, del prologo.
Nella fase finale del lavoro, quando il cliente si immedesima con il personaggio che egli stesso ha contribuito a creare e, con la regia del counsellor diventa attore, possiamo dire che l’antefatto, si apparenta con il retroscena. L’antefatto è un oggetto narrativo sul quale il counsellor e il cliente possono essere chiamati a lavorare, interrompendo la definizione delle azioni dei personaggi della storia, per renderlo trasparente, consentendo – così – il prosieguo del lavoro narrativo. Il retroscena rappresenta un luogo drammaturgico dove, periodicamente, l’attore si rifugia, interrompendo l’azione attorale, per metterla meglio a punto e riprenderla poco dopo con maggiore efficacia e credibilità.
Riferimenti.
R.Fioravanzo, Azione drammatica tra identificazione e empatia, relazione presentata al Seminario dell’Accademia delle Tecniche Conversazionali, “Il teatro da Aristotele al counselling di Rodolfo Sabbadini”, Palazzo delle Stelline, Milano, 24 Novembre 2012.
E.Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969.
R.Sabbadini, Il metodo drammaturgico nella relazione di counselling, Franco Angeli, Milano, 2012