Ora che la legge ha riconosciuto la professione di counsellor possiamo ancora essere accusati di esercizio abusivo della professione?
Non è corretto dire che la legge ha riconosciuto la professione di counsellor: la legge non ha riconosciuto alcuna professione e, tutto sommato, non aggiunto molto a quanto già previsto precedentemente dall’ art. 2222 e seguenti del codice civile (“Del lavoro autonomo”). Di fatto, ha semplicemente ribadito il principio che, nel nostro ordinamento, esistono due tipologie di professioni intellettuali: quelle per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi, e quelle per le quali l’iscrizione non è necessaria.
A tutela del consumatore-utente, la legge ha introdotto un solo obbligo in capo a tutti coloro che
“esercitano l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo”;
questo obbligo consiste nello specificare che la professione (di counsellor, di grafologo, di bibliotecario, di traduttore, di perito assicurativo, di socio terapeuta, di guida escursionistica, ecc.; le professioni non regolamentate sono innumerevoli e crescono di giorno in giorno), viene esercitata ai sensi della legge 14 Gennaio 2013, n.4.
E ciò per evidenziare, agli occhi del potenziale utente, che si tratta di una professione non organizzata in un ordine o collegio professionale.
Ciò premesso, pertanto, nulla cambia in materia di esercizio abusivo della professione. Gli indicatori che prima segnalavano la fattispecie di esercizio abusivo di una professione (immagino che Lei abbia in mente l’esercizio abusivo della professione di psicologo), restano validi ai fini di un’eventuale imputazione del reato di cui all’art. 348 del codice penale.